C’è una zona, calata là nel cuore della Toscana, che rappresenta un vero paradosso nella storia del vino, italiano e non solo: Carmignano, in provincia di Prato, è una delle più antiche denominazioni dell’enologia mondiale, benché molti toscani ignorino persino dove si trovi esattamente. Eppure, i vini sono ottimi e, soprattutto, veri, la qualità altissima, la tradizione innegabile. Se la regione nel suo insieme è consacrata, non senza ragione, al santo più amato dagli appassionati enoici, sangiovese (uva base di Chianti, Brunello di Montalcino e altri ancora) e se l’ormai celeberrima zona di Bolgheri rappresenta una sorta di recente “Bordeaux italiana”, l’utilizzo virtuosissimo di uve transalpine (cabernet, merlot, petit verdot su tutti) risale all’ultimo cinquantennio (la prima annata del mitico Sassicaia è il 1968), Carmignano costituisce, invece, da secoli, una realtà in grado di coniugare tradizione del territorio e respiro internazionale. Qui il cabernet c’è da secoli, e si chiama uva francesca, importata, si dice, da Caterina de’ Medici nel Cinquecento, si è “accomodata” ottimamente su questi terreni minerali, in grado di dosare ottimamente insolazione e vento, freddo invernale e canicola estiva. Non è strettamente, qui, un vitigno internazionale, fa parte, piuttosto, della tradizione storica di chi tra i filari, qua, lavora da sempre.
Il Carmignano DOCG è un rosso entusiasmante, carico di profumi sinuosi, avvolgenti, e in bocca esprime forza, eleganza, talvolta persino austerità, senza però mai respingere chi vi si avvicina. Tra i grandi vini italiani, questo è forse il più sorprendente, a suo modo eroico, a causa di una serie di vicissitudini storiche non sempre favorevoli che lo ha “compresso”, dal punto di vista della riconoscibilità, tra denominazioni ben più celebri (Chianti, Brunello e Bolgheri), ma non necessariamente migliori sotto il profilo qualitativo. Perché, se vi è un’ulteriore caratteristica virtuosa del Carmignano, legata alle ridotte dimensioni della zona produttiva, è che la qualità media dei vini di tutti i produttori locali è altissima, ben di più di altre zone non troppo distanti.
Che sia per la finezza entusiasmante del Terre a Mano della Fattoria di Bacchereto o per la forza avvolgente del Carmignano di Pratesi, sia per la sorprendente eleganza del rosso di Podere Allocco (vero garagista della zona, con, ahinoi, una produzione di appena 8000 bottiglie l’anno che tendono a esaurirsi in fretta) o per il carattere polposo di quello di Fattoria Ambra, il Carmignano è davvero una sicurezza che non tradisce mai e che, dal punto di vista di noi che il vino lo beviamo (e lo compriamo) regala un altro vantaggio, ossia il prezzo contenuto.
Torneremo indubbiamente a parlarne, ché le curiosità, le chicche di questa zona sono moltissime e sorprendenti, ma, per adesso, ci fermiamo. Dopo quanto detto, è inevitabile, quindi, al prossimo appuntamento (sabato 20 aprile, ancora a Genova) di Vini e Vinile, presentare non una serie di produttori, ma una zona intera, con le sue sfumature e i suoi caratteri:
Carmignano, l’ombelico del mondo del vino. (I.V.)
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